venerdì 25 agosto 2006
Fammi uscire
Un bambino mi sta urlando che vuole uscire. Lo sento, sento i suoi piccoli pugni picchiare contro la porta, sento il suo isterico pianto farsi largo: io sto seduto su quella sedia, e faccio finta di non sentirlo. Il sole è basso all’orizzonte e sta gettando lunghe impronte su tutto il prato intorno. L’ambientazione è quella giusta per un disco di Belle e Sebastian, una vecchia caa in campagna, l’erba, il tramonto, il profumo di menta misto a quello dell’erba bagnata (già, è piovuto da poco).
BUM, BUM, BUM! “Fammi uscire, non ce la faccio più a star qui dentro, fammi uscire, fammi...”
Lo interrompo con un rapido movimento della testa, e per un attimo quel bambino insistente la smette di far rumore.Lei è sdraiata li, su una panchina che, abbracciata dalla ruggine, ha un sapore di antico che si sposa alla perfezione con la scenografia. Dorme? Fa finta? questo non lo so. Ha riso, fino a qualche minuto fa, mi ha chiesto di ballare senza musica, ma io non l’ho fatto. Mi imbarazza, e non l’ho voluto fare. Allora lei ha ballato da sola, a piedi nudi sull’erba bagnata, con la gonna bianca da zingara gitana che lasciava intravedere le gambe affusolate; ha ballato con la camicetta annodata in vita, i capelli non lisci e non ricci che ciondolavano davanti al viso, lasciando intravedere solo a tratti i suoi occhi chiusi.
“Devi farmi uscire, non posso stare qua, ho paura, lasciami uscire, sei cattivo, sei cattivo! CATTIVO!”
Continua, quel bambino, a insistere. Ma non posso farlo uscire da li, sarebbe un rischio troppo grande. Torno a guardarla: ricordo quando l’ho conosciuta per caso in quella libreria. Lei voleva un libro, io ero li per sentire l’odore della cultura. Mi piace ogni tanto camminare tra gli scaffali, accarezzare le copertine e immaginare quale meraviglioso mondo sia racchiuso in quell’infinita distesa di lettere in ordine solo apparentemente sparso. Da quel giorno l’ho rivista diverse volte, per un caffè, per una birra o addirittura per un film al cinema: ma oggi è diverso.
BUM BUM BUM!“Fammi uscire!”
Nessuno la vedrà mai come la vedo in questo momento. E forse nemmeno io avrò di nuovo un’occasione così grande, se non apro quella porta e faccio uscie quella peste urlante. Lei lo ha fatto, oggi lo ha fatto, per me. Ha aperto alla bimba che da sempre vive in lei. La bimba che da piccola affondava le dita nella marmellata, la bimba che si arrampicava sull’albero per mangiare le ciliegie. E adesso dorme su quella panchina, o fa finta. E aspetta che io apra la mia porta, e faccia uscire il suo compagno di giochi. Devo smettere di crescere, almeno per oggi.
Clack, Clack, Clack.
Un raggio di sole colpisce il bambino che poco prima urlava, che per lo stupore si copre in parte il viso con le manine.
Esci, sei libero. Esci e gioca con lei.
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4 commenti:
è una cosa bella e intensa, questa che hai scritto, soprattutto per come l'hai scritta.
consiglio agli adulti e a chi si ritiene tale: (almeno) un'ora d'aria al giorno per il proprio bimbo interiore
ciao cicooooooo...ma che combini?
io tutto bene...qui fa caldo, nn si batte chiodo, ma mi diverto...
mi manchi un po...nn ho più il num italiano, fatti dare quello egiziano da pippi...ok?
ci rivediamo a ottobre....fai il bravo un mega galattico bacio ciri ciri cirillicaaaaa
Hai colto nel segno.
Il bimbo che è in noi spinge, a volte lo facciamo uscire, altre gli tappiamo la bocca.
Ed è un vero peccato, in questo secondo caso.
Bella foto.
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