mercoledì 29 marzo 2006

Piccole competizioni quotidiane


L'altra mattina me ne stavo comodamente seduto sul treno delle 7.13 destinazione Torino e guardavo fuori dal finestrino. Recenti statistiche americane dimostrano che non c'è davvero nulla di strano in ciò: infatti il 65% della gente che viaggia su rotaie guarda fuori dal vetro. Questo calcolo incrementa se si limita la nostra analisi soltanto a coloro che durante il tragitto, per scelta o sorte, si trovano seduti vicino al suddetto finestrino (85%), per giungere alla significativa statistica di 98% se si considerano soltanto coloro che viaggiano situati in quella favorevole posizione e non sono in compagnia di amici o conoscenti con cui intrattenersi in conversazione (cosa faccia il restante 2% in questo caso, non è dato saperlo). Bene, mentre il convoglio si trascinava stancamente verso la sua (e mia) meta, condensando in se stesso gli stati d'animo di tutti i pendolari mattutini costretti a svegliarsi, per lo meno, alle 6.30, dovevo trovare un'occupazione per non addormentarmi (e rischiare così di ritrovarmi ad Aosta o, peggio, oltre qualche confine) o per non annoiarmi oltremodo. Insomma, dovevo ammazzare il tempo. Essendo io di mente fantasiosa e soprattutto annoverando nel mio personalissimo "curriculum" anni di animatore oratoriano, non ho mai riscontrato particolari difficoltà nell'inventare piccoli giochi stupidi per adempiere a questa annosa questione del "passatempo": cercai dunque, inutilmente, per almeno dieci minuti buoni, di sfatare l'antico mito secondo cui è impossibile far scivolare lo sguardo sugli oggetti in movimento (anche se a dire il vero, non erano gli oggetti a muoversi, ma bensì il treno), mantendoli a fuoco: sembra infatti che gli occhi umani siano concepiti per "incollarsi" su punti fissi. Sconsolato notai poi che era cominciato a piovere: subito maledii la mia condizione che mutava da "pendolare" a "pendolare-senza-ombrello-o-cappuccio-impermeabile-alcuno). La tristezza svanì però nel momento in cui notai che la precipitazione atmosferica mi dava modo di creare un nuovo gioco che mia vrebbe tenuto occupato per un po', visti gli scarsi risultati ottenuti nei pochi minuti inziali di viaggio con l'altro espediente, prima descritto. Alcune gocce di pioggia infatti si erano posate sulla superficie esterna dei finestrini: grazie al movimento del treno, alcune di esse percorrevano longitudinalmente la lunghezza del medesimo, rincorrendosi in una gara senza ritorno e inglobando con fare cannibalistico tutte le sorelle malauguratamente cadute sul loro percorso.
Decisi dunque di promuovere una vera e propria competizione tra le goccioline gareggianti: notai però dopo soli pochi minuti che una gara di questo tipo non aveva un grande significato sportivo: infatti raramente le particelle acquose prescelte prendevano il via contemporaneamente: la fortunata spinta dal vento per prima, risultava sempre la vincitrice sul traguardo virtuale tracciato da una piccola riga sul vetro (questo probabilmente era dovuto al fatto che le condizoni atomosferiche, la conformazione del tracciato di gara e la composizione delle gocce era pressochè la medesima). Lo sconforto a questo punto era molto: pensai addirittura di distogliere il mio sguardo dal vetro e di (udite udite) studiare un po'. Ecco accadere però il miracolo: nell'ultima gara utile del gran premio su vetro per goccie d'acqua piovana, una delle due partecipanti partì con netto svantaggio temporale, ritrovandosi a rincorrere di parecchi centimetri (potete ben immaginare che, sebbene comunemente pochi centimetri non siano nulla, per una gara di velocità su finestrino ferroviario siano decisivi). La sfavorita però, non perdendosi d'animo, a pochi secondi dall'arrivo accellerò in maniera originale, aggirando sulla destra l'avversaria, superandola e vincendo al fotofinish. Per poco non mi alzai in piedi, urlando la mia gioia a pieni polmoni: era un momento storico per l'umanità intera, anche se le circa trenta persone nel vagone non avrebbero mai potuto capire. Se una semplice, minuscola, sfavorita gocciolina, partita con netto svantaggio per colpa del fato, della sorte o di fattori ignoti allo scibile, riusciva nonostante tutto a trionfare in maniera brillante, voleva dire che c'è davvero speranza per tutti. Ce la può fare l'operaio precario a 8oo euro al mese, ce la può fare lo studente al 4° anno fuoricorso, ce la può fare la casalinga vedova con tre figli. Ce la può fare inoltre uno che sogna di far lo scrittore, o il fotografo, o entrambe le cose, anche se tutto sembra contro di lui.
Erano le 7.46 e Torino era sempre più vicina. Un'altro giorno stava per cominciare. Poco importa se l'ottimismo procuratomi dalla mia eroica goccia di pioggia, avrebbe scemato nell'arco della giornata. Questa è un'altra storia. Ah ah ah.

martedì 21 marzo 2006

L'origine

Nasce oggi il mio primo blog. Anzi, spiegamoci meglio: non è effettivamente il primo, dato che ne ho iniziati tanti, ma nessuno mi ha davvero soddisfatto. E nulla mi dice che per quest'ultimo nato il destino sarà diverso. Ma tant'è, se non inizio, non lo potrò sapere. Per ora un semplice ringraziamento è d'obbligo: a Pietro, compagni di classe prima e amico poi, che con la sua capacità innata di stendere i suoi pensieri su fogli informatici, mi ha convinto ad iniziare questa nuova "avventura". Senza di lui, probabilmente starei giocando a scudetto ascoltando un disco scadente.

Che si apra il sipario