lunedì 29 settembre 2008

Tarm


Sono tornati i Tre Allegri Ragazzi Morti, simpaticamente abbreviabili in Tarm.
Che se senti solo l'acronimo ti sembrano un prodotto per pulire il legno, però se dici: "Ascolto i Tarm", fa molto più figo, anche se probabilmente il 90% della gente sana non capirà a cosa ti riferisci (probabilmente lo stesso 90% che non capirebbe nemmeno se dicessi "Ascolto i Tre Allegri Ragazzi Morti", ma questo è un altro discorso).
Il pezzo nuovo è un capolavoro letterario, come al solito: il testo è il seguente:

"E giro il mondo, giro il mondo"

ripetuto 63 volte.
Per la serie, sappiamo come irritarvi e lo facciamo.

Ma non è obiettivo primario di questo post osannare la ricchezza lessicale dei bravi musicisti di Pordenone, anzi.
Ascoltando il nuovo singolo su Brand New mi è immediatamente riapparso in mente un aneddoto che riguarda il mio periodo "tardoadolescenziale", legato a un loro concerto di tanti tanti anni fa.
Ai tempi ero a malapena liceale, da poco patentato e ricordo che quella sera suonavano i Tarm, in una località non ben definita poco lontana.
Chi mi conosce, sa perfettamente che, soprattutto in quel periodo, ero assolutamente incapace di gestire qualsivoglia rapporto con le ragazze. Se poi quella ragazza si chiamava Valentina, e chi mi conosce sa chi era Valentina... Beh, un bel casino. Quella sera Valentina andava al concerto. Lei odiava i Tarm. Valentina andava al concerto perchè c'era quel tipo che le piaceva: me l'aveva detto, sfidandomi, perchè sapeva quello che provavo per lei, sebbene io continuassi imperterrito a propormi come amico del cuore.
Ero affranto, ma Laura aveva riacceso in me qualche speranza di superare quel momento. Laura era un'amica che vedevo e sentivo poco, Laura era carina alternativa e svarioncella al punto giusto, ma soprattutto Laura aveva avuto una storia con quel fantomatico ragazzo che Valentina voleva a tutti i costi conquistare al concerto. Inoltre, per rendere il quadro ancora più chiaro, tra me e Laura c'era stato qualcosa, un paio di volte. Intendiamoci: non ci eravamo mai baciati, mai toccati, eccetera... Però eravamo andati a tanto così, c'era stata chimica, capite no?
Comunque, quella sera andai al concerto con Laura. Era nel pieno della sua bellezza tutta particolare, molto punk ma nello stesso tempo acqua e sapone. L'idea di entrambi era quella di far ingelosire i nostri reciproci amori tardoadolescenziali, che vedendoci insieme al concerto sicuramente si sarebbero accorti di quanto ci desideravano e amavano e.

Non andò propriamente così. Un paio di cose andarono storte.
La prima: io mi "innamorai" perdutamente di Laura. Lo so, chi mi conosce sa perfettamente che il mio "innamorarmi perdutamente" ai tempi non significava molto. Però mi ero invaghito di tutta questa storia del piano, di come lei saltellava ascoltando la musica mettendomi un braccio intorno al collo, eccetera. Mi aveva anche dato un bacio sulla bocca, nell'euforia della cosa, ed io avevo per un attimo dimenticato Valentina. Fanculo, mi ero detto. Laura è infinitamente meglio, e mi vuole.
La seconda: il tipo che piaceva a Valentina, che potremmo chiamare bullobello, Valentina non l'aveva calcolata nemmeno per un secondo. Se n'era stato appoggiato al muro per tutto il tempo, guardando con occhi adulti i ragazzini ballare. Era molto più grande di noi tardoadolescenti, e si vedeva lontano un miglio che ci sapeva fare infinitamente di più. Valentina, quindi, dopo le prime quattro canzoni, se n'era andata con un terzo individuo non chiaramente identificato, che avrei poi scoperto mesi dopo essere diventato il suo ragazzo.
La terza: Laura invece era riuscita perfettamente nel suo piano. Mentre io salutavo alcuni amici, lei si era messa a parlare e poi a limonare durissimo con bullobello: mi aveva poi salutato e confidato che sarebbe stato lui ad accompagnarla a casa. Mi aveva baciato sulla guancia, bisbigliandomi nell'orecchio: "grazie Cico, sei unico!". Se n'era andata portandosi via un ennesimo pezzo di me, proprio mentre I Tarm finivano il concerto con "Occhi bassi", uno dei loro pezzi più celebri.
La quarta: ero rimasto solo, avevo deciso di bermi ancora un paio di birre e tornarmene a casa. Mesi dopo avrei poi scoperto che al concerto c'era una ragazza, più piccola e di cui non riporto il nome per motivi che sarebbe troppo lungo spiegare, che si era invaghita di me e che mi aveva "seguito" per tutta la sera. Io non mi ero ovviamente accorto di nulla, e lei era troppo timida per farsi avanti. Me l'avrebbe detto poi mesi dopo, per l'appunto, di fronte a un caffè in un giorno di pioggia. Ma questa è un'altra storia.

Ai tempi non sapevo che tutte o quasi le mie relazioni amorose in futuro non sarebbero state altro che una versione molto più incasinata di quella.

E giro il mondo e giro il mondo!

venerdì 12 settembre 2008

Cerotti


Per alcune ferite, il cerotto non basta.
L'unica cosa da fare, per farle guarire davvero, è strappare via il cerotto: lasciarle respirare e dare loro il tempo di guarire da sole.

Quindi: Ti voglio bene, pulce, comunque sia andata :)

Stttttraaaaaap!

martedì 2 settembre 2008

Ragazza che non conosco


Ragazza che non conosco, ti scrivo queste poche parole con la speranza che un giorno, chissà dove, ti possano raggiungere. Magari quando sarai un po' triste, seduta con la schiena al muro e la testa appoggiata alle ginocchia; oppure, perchè no, quando sarai al culmine della felicità: le mie parole giungeranno a te per scompigliarti i capelli come una folata di vento d'estate.
Ragazza che non conosco, se mi concentro riesco quasi a vederti, mentre con le tue gambe svelte danzi un ritmo che ti appartiene da sempre, e ti lasci ammirare, in un vestitino leggero che qualche artista del mondo delle fate ti ha disegnato addosso. Balli da sola, con gli occhi chiusi, perchè la musica la puoi sentire solo tu: ma, ragazza che non conosco, ogni tuo passo scandisce una melodia che prende forma nel mio cuore e nella mia mente, intrappolando il mio animo in un dolce vortice senza uscita.
Ragazza che non conosco, ti scrivo perchè ad un certo punto ho pensato di non farcela: dopo molti anni ho incontrato di nuovo quella sensazione di solitudine, una solitudine capace di scavarti dentro una voragine di cui non puoi valutare le dimensioni. Sapevo che era lì, profonda e silenziosa, ma per giorni infiniti mi sono rifiutato di guardarci dentro, spaventato di non saper gestire la sua profondità, una totale Assenza che si trasforma in Presenza inquietante di un qualcosa che non sai spiegare, ma che ti costringe a accucciarti in un angolo come un cane colpevole. Quindi ti scrivo, ragazza che non conosco, perchè quando ho deciso di smetterla di banalizzare il mio cuore, stando ad ascoltare le solite storie e le solite scuse, mi sei venuta in mente tu. Credere nell'impossibile è stata la causa di tutti i miei successi, ma anche di tutti i miei guai, pensandoci bene: qualcuno un giorno mi ha definito un "gambler", e ti assicuro che forse aveva ragione. Ho puntato ogni volta su ogni roulette che mi son trovato davanti, ho giocato anche dove sapevo che probabilmente avrei perso. Perchè, mi chiederai: perchè disprezzavo i luoghi comuni, e non ho mai smesso di credere che quel qualcosa che mi legava a una lei dovesse per forza avere un significato al di là di tutto.
Ragazza che non conosco, ti scrivo e so che forse un giorno risponderai: non sono così disilluso da credere che i sogni non si realizzino mai, anzi: i miracoli a volte sono più frequenti delle tragedie, soltanto che noi non li sappiamo individuare. La mia paura, però, è quella che io possa deluderti, quando finalmente ci saremo incontrati: sono diventato più duro, questo è vero, ma sono scorbutico, un po' orso e la voragine di cui ti parlavo prima ha il brutto vizio di risucchiare anche le persone che mi stanno intorno. Inoltre non ho mai davvero imparato a ballare, e ho il terrore che tu possa annoiarti se ti parlerò soltanto di cinema, di sogni legati a una canzone o di quel libro che tu avresti tanto voluto leggere ma che non hai mai avuto il tempo o la voglia di affrontare.
Forse sono soltanto un mezzo uomo: un eterno bambino in fondo, che ancora rimane a bocca aperta guardando un treno passare, carico di gente anch'essa con le proprie vite che scorrono via, lontane.
Ragazza che non conosco, come potrò piacerti in quei giorni in cui mi assale la malinconia, e soltanto il vedere una foglia che si stacca da un albero mi riempie gli occhi di lacrime per una vita che non ho più, ma che tanto ha significato per me in un tempo che sembra non appartenermi più?
Ma per questo forse ti scrivo, ragazza che conosco. Non credermi quando ti dico che forse preferirei non incontrarti, per paura di deluderti: sono un po' come quelle persone che vogliono credere nei miracoli, ma quando ne hanno uno davanti rinnegano di avervi assistito.
Ci sarà da qualche parte un piccolo bosco, dove potrai insegnarmi a ballare a piedi nudi sull'erba bagnata di rugiada; oppure un fiumiciattolo circondato da massi sui quali potremo sdraiarci e in silenzio ascoltare la musica della natura.
Ragazza che non conosco, io e te ci apparteniamo, anche se dirlo ora così, ad alta voce, sembra quasi violare un segreto millenario. Perchè magari anche tu, ora, ragazza che non conosco, stai guardando fuori dalla finestra, mentre piove leggero e ti sei accesa un'altra sigaretta. Guardi fuori dal vetro appannato, e sogni una mano che ti sfiori leggera, capace di suscitare in te quelle emozioni che non provi più da troppo tempo ormai: pensavi che qualcuno, o qualche scelta sbagliata, avesse ucciso quei sentimenti per sempre, ti eri ormai rassegnata che certe piccole schegge di cielo ormai non ti appartenessero più.
Ma io sono qua, ragazza che non conosco, con il mio bagaglio di fallimenti al quale si accompagna un piccola ma preziosa borsa di sogni e certezze.
Non dire nulla, ragazza che non conosco: guardami soltanto con quegli occhi che non ho mai visto, e il resto verrà da se.
A presto quindi, ragazza che non conosco, oppure "a tra mille anni". Non importa, sai. Perchè so che ci sei, e questo è già una risposta a tutte le domande che, una risposta appunto, ancora non ce l'hanno.