martedì 25 novembre 2008

Nel parco


La ragazza cammina lentamente, nonostante il freddo. Di solito il parco è molto affollato nel periodo estivo: ci sono studenti sdraiati sulle coperte a quadrettoni che studiano all'ombra di qualche albero, o bambini che si rincorrono sotto lo sguardo attento delle mamme o delle nonne. Ma in questo periodo è davvero poco frequentato. Solo pochi e infreddoliti passanti lo attraversano per raggiungere il calore casalingo dopo una giornata di lavoro: quasi corrono, con l'espressione tesa di quando si combatte a pugni chiusi contro il nemico Inverno.
Ma lei no. Cammina lentamente, con le mani in tasca e lo sguardo basso. Da dove sono io non riesco a vederla bene in volto, dovrebbe voltarsi leggermente verso sinistra, ma so perfettamente che non lo farà. Immersa nei suoi pensieri tira calci alle foglie secche, come se danzasse senza una meta precisa. Riesco a notare un filo bianco che esce dalla sua tasca destra: le cuffie scompaiono sotto il berretto di lana.
Provo a immaginare che genere di musica stia ascoltando, mi viene in mente una vecchia ballata che dubito però lei possa conoscere. Continuo a guardarla dal punto in cui mi trovo, so perfettamente che non si è accorta di me, nonostante tutto.
Dopo pochi minuti ruota su se stessa, rimanendo un paio di secondi in equilibrio su uno solo degli stivali neri che le fasciano le gambe; si avvicina a una panchina, proprio di fronte a me, e si siede.
Guarda nella mia direzione. Un brivido percorre la mia schiena, mentre i suoi occhi si fondono con i miei. Non può avermi visto, ne sono certo, ma un sorriso appena accennato si disegna sul suo volto, come se con il suo sguardo stesse scavando nel mio cuore.
Ma è solo un attimo. Poco dopo infatti torna guardare il selciato ricoperto di rami e foglie, come se cercasse di trovare un senso all'incoerenza che si trova davanti.
Una goccia di sudore riga la mia fronte, conosco quella sensazione.
Lui mi dice che è lei, ma non voglio credergli. Distolgo lo sguardo, alla ricerca di qualcun'altro. Uno qualsiasi. In fondo al vialetto c'è un vecchio in compagnia di un grosso cane. Probabilmente per sfuggire alle continue urla della moglie, ha portato l'animale a camminare un po' affrontando il freddo. Lo guardo bene, per quel che mi riguarda sarebbe perfetto.
No, il vecchio non va bene, mi dice lui. Maledizione.
Torno a guardare la ragazza. So come andrà a finire, e il dolore si impossessa di me.
Lei è bellissima. Seduta sulla panchina, si è accesa una sigaretta, che stringe tra le dita rese insensibili dal gelo. Le sue labbra. Noto immediatamente le sue labbra. Sono perfette, morbide, calde, nonostante il freddo tagliente. Un bacio soltanto, non so cosa darei per un semplice bacio.

Non mi guardare, ti prego, è la tua unica speranza.

Ho gli occhi lucidi, quando mi accorgo che lei, soffiando una leggera nuvola di fumo, alza lo sguardo e incrocia per la seconda volta il mio. "Ora", mi ordina lui.
Una questione di pochissimi attimi. Il dito scivola veloce sul grilletto, il colpo è attutito dal pezzo di stoffa avvolto intorno alla canna.
Da qui non riesco a sentire se lei emette un suono oppure no: la vedo barcollare per un secondo, gli occhi rivolti al cielo; un cielo sempre più buio e freddo, mentre il colpo che le ha trafitto il cuore si impossessa della sua vita.
Duecentoventi metri di distanza, il mio nuovo record. Ma è un primato amaro.
Mi alzo dal nascondiglio nel quale ero rimasto sdraiato per diverse ore, mi scrollo di dosso la terra e le foglie marcie. Nascondo il fucile nella borsa, e mi avvio con passo veloce verso la fermata del pullman.
Un bimbo e una nonna mi vengono incontro: li oltrepasso veloce, cercando di non dare nell'occhio. Ma è impossibile.
"Nonna, perchè quel signore piange?" chiede il piccolo, voltandosi a guardarmi.

Il pullman arriva, salgo e mi siedo in fondo. Appoggio la testa al vetro appannato, guardando per l'ultima volta il parco avvolto da una sottile nebbia.
"Devi essere fiero, con questa sono cinque", mi dice lui, nella mia testa.
Asciugo le lacrime, con un movimento della mano. Mi addormento, non prima di aver fantasticato su quel bacio, quel bacio rubato che non avrò mai.