giovedì 30 novembre 2006
Occasione persa
Ci sono quei momenti in cui una persona desidera ardentemente una cosa.
Avete presente di cosa sto parlando, sicuramente: un prurito in fondo allo stomaco, diventa giorno dopo giorno sempre più fastidioso, ma allo stesso tempo allettante. Fate finta di nulla, subito subito: siete sicuri che sia una cosa che saprete controllare. Ma poi non è così. E perchè non è così? Perchè, vi renderete conto, in fondo non volete controllarla. Vi piace quella sensazione che vi da, come una sbornia senza bisogno di sboccare per forza l'anima, per intenderci.
Col passare dei giorni, irrimediabilmente, ci si ritrova con un desiderio che brucia, una voglia matta da sfogare.
Non si parla solo di sesso, ma anche di amore, amicizia, lavoro, scuola, ecc: milioni e milioni possono essere le cose che ardentemente si desiderano.
Ecco. Oggi potevo cogliere l'occasione per placare un desiderio che da molto tempo ruotava nelle mie viscere.
Era li, la porta del treno era aperta, bastava fare due passi e sarebbe finito tutto. O per lo meno cambiato.
Nulla. Sono rimasto immobile, a guardare il treno che ripartiva.
E il treno, dicono se passa una volta e non sali, sei fregato per sempre.
Non è stupidità, la mia. Ma poco ci manca.
lunedì 27 novembre 2006
Hell or Paradise?
mercoledì 22 novembre 2006
Tu che dici?
venerdì 17 novembre 2006
Se, una sera in discoteca
Capita, ogni tanto, che anche io vada in discoteca.
La musica è assordante, le luci accecanti, un incantesimo capace di stordirti e assuefarti allo stesso tempo, capace di toglierti il respiro e creare rotanti cerchi intorno alla tua testa. Qualcuno lo chiama sballo, io lo chiamo rottura di coglioni.
Una massa di corpi si muove all'unisono, mentre io, ricoperto di sudore per la maggior parte non mio esco dal branco per sbattermi come un geco stanco contro un muro in cartapesta.
"Tu non ballare?"
La ragazza tedesca che mi sta parlando tiene in mano un bicchiere di plastica con aria maliziosa: non riesco a capire quello che mi dice perchè il mastro dei pupazzi sta incalzando con il beat. Annuisco con aria indecisa, non amo far la figura del fesso.
La mia risposta ambigua sembra stupirla, si avvicina e mi rivolge ancora la parola, come se fossimo vecchi amici del liceo: "Io non sono italiano, io vengo di Germania". Poi, come per rinforzare il proprio patriottismo o forse per ostentare una certa sicurezza che ha duplice fondamento nella padronanza della lingua e nell'identificazione come essere pensante, incalza: "Io essere tedesco".
Il fatto che usi il maschile per definirsi mi lascia per un attimo interdetto, anche se potrei essere io ad aver capito male. Se è un uomo, sono davvero troppo ubriaco. Le rispondo con la classe che mi contraddistingue, cercando di essere ironico ma nello stesso tempo interessante, che "Io invece essere italiano, ma parlare come scemo straniero perchè volere mettere lei a suo agio".
Lei sorride: non ha colto probabilmente la sottigliezza del mio colloquiare, probabilmente ha capito che non riesco a sentire bene il suo profumo, perchè si avvicina e si strofina "innavertitamente" sul mio braccio destro. Odora di gelsomino, anche se non ne sono sicuro, non ho mai avuto grande padronanza nel distinguere gli aromi, e questo non fa di me un serial killer psicopatico.
Il dialogo si dipana poi sul classico "delpiùedelmeno", per poi arrivare al fatidico: hai una sigaretta? Io non fumo, e non voglio mentire. Le do un bacio sulla guancia che significa buonanotte, prendo la mia giacca e con lo sguardo che segue i miei calci mi avvio verso l'uscita: amo immaginare lo sguardo di lei che mi buca la schiena con aria interrogativa.
Non darle spiegazione mi ha tolto dall'imbarazzante posizione di renderle noto che, mentre mi raccontava del suo campeggio sul lago di Como, quando era ancora adolescente, non riuscivo a veder altro che un intreccio di braccia che la avvinghiavano e bocche che la baciavano con la passione di un momento.
Erasmus.
Non sarei stato "quello di questa sera", sarei stato semplicemente l'italiano che non c'è stato. O il gay frocio del cazzo italiano, che non l'ha scopata quella sera che non aveva trovato nulla di meglio.
martedì 14 novembre 2006
Non buttiamoci giù
Io, voi, non vi conosco bene. L'unica cosa che so è che state leggendo questa pagina. Non so se siete felici o no; non so neanche se siete giovani o no. Ma.. cioè, spero che siate giovani e tristi. Se siete vecchi e felici, mi posso immaginare che magari sorridete sotto i baffi leggendo quando dico: mi ha spezzato il cuore. Ricorderete sicuramente qualcuno che vi ha spezzato il cuore, a voi, e penserete: Oh, si, ricordo come ci si sente. Ma non è vero, vecchi gufi contenti. Forse ricorderete di esservi sentiti... diciamo, piacevolmente tristi. Ricorderete di aver ascoltato musica e mangiato cioccolato in camera vostra, o di aver camminato da soli lungo un ponte, imbacuccati in un cappotto sentendovi tristi e coraggiosi. Ma come fate a ricordarvi come ci si sente quando ogni boccone di cibo vi morde nello stomaco? Vi ricordate il sapore di vino rosso che torna su e finisce dentro un water? Vi ricordate quando tutta la notte sognavate che eravate ancora insieme, e la vostra lei vi parla dolcemente e vi tocca, e così ogni mattina vi svegliate e siete costretti a rivivere tutto da capo? Vi ricordate quando vi incidevate le sue iniziali nel braccio, con un coltello da cucina? Vi ricordate quando siete andati troppo vicino all'orlo del binario del metrò?
No? Beh, allora chiudete quel cesso di bocca.
E ficcatevi il sorrisino su per il vostro culo appassito.
Nick Hornby - Non buttiamoci giù
lunedì 6 novembre 2006
Vita da romanziere
Ho iniziato a scrivere un "romanzo". Forse sarebbe meglio definirlo novella, o racconto, però per ora sono ambizioso e punto in alto, a tal riguardo.
Protagonista un personaggio molto simile a me, una vecchia signora, un amico immaginario, e forse un gatto parlante.
C'è posto anche per Wendy di Peter Pan, per alcuni dei miei più intimi amici, e per sentimenti presi a casaccio.
Mi imporrò di scrivere almeno 3 pagine al giorno, altrimenti finisce come le altre cose, che non le porto mai a termine.
Vi terrò informati, fatemi gli auguri!
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