venerdì 17 novembre 2006

Se, una sera in discoteca


Capita, ogni tanto, che anche io vada in discoteca.

La musica è assordante, le luci accecanti, un incantesimo capace di stordirti e assuefarti allo stesso tempo, capace di toglierti il respiro e creare rotanti cerchi intorno alla tua testa. Qualcuno lo chiama sballo, io lo chiamo rottura di coglioni.
Una massa di corpi si muove all'unisono, mentre io, ricoperto di sudore per la maggior parte non mio esco dal branco per sbattermi come un geco stanco contro un muro in cartapesta.

"Tu non ballare?"

La ragazza tedesca che mi sta parlando tiene in mano un bicchiere di plastica con aria maliziosa: non riesco a capire quello che mi dice perchè il mastro dei pupazzi sta incalzando con il beat. Annuisco con aria indecisa, non amo far la figura del fesso.
La mia risposta ambigua sembra stupirla, si avvicina e mi rivolge ancora la parola, come se fossimo vecchi amici del liceo: "Io non sono italiano, io vengo di Germania". Poi, come per rinforzare il proprio patriottismo o forse per ostentare una certa sicurezza che ha duplice fondamento nella padronanza della lingua e nell'identificazione come essere pensante, incalza: "Io essere tedesco".
Il fatto che usi il maschile per definirsi mi lascia per un attimo interdetto, anche se potrei essere io ad aver capito male. Se è un uomo, sono davvero troppo ubriaco. Le rispondo con la classe che mi contraddistingue, cercando di essere ironico ma nello stesso tempo interessante, che "Io invece essere italiano, ma parlare come scemo straniero perchè volere mettere lei a suo agio".
Lei sorride: non ha colto probabilmente la sottigliezza del mio colloquiare, probabilmente ha capito che non riesco a sentire bene il suo profumo, perchè si avvicina e si strofina "innavertitamente" sul mio braccio destro. Odora di gelsomino, anche se non ne sono sicuro, non ho mai avuto grande padronanza nel distinguere gli aromi, e questo non fa di me un serial killer psicopatico.

Il dialogo si dipana poi sul classico "delpiùedelmeno", per poi arrivare al fatidico: hai una sigaretta? Io non fumo, e non voglio mentire. Le do un bacio sulla guancia che significa buonanotte, prendo la mia giacca e con lo sguardo che segue i miei calci mi avvio verso l'uscita: amo immaginare lo sguardo di lei che mi buca la schiena con aria interrogativa.
Non darle spiegazione mi ha tolto dall'imbarazzante posizione di renderle noto che, mentre mi raccontava del suo campeggio sul lago di Como, quando era ancora adolescente, non riuscivo a veder altro che un intreccio di braccia che la avvinghiavano e bocche che la baciavano con la passione di un momento.

Erasmus.

Non sarei stato "quello di questa sera", sarei stato semplicemente l'italiano che non c'è stato. O il gay frocio del cazzo italiano, che non l'ha scopata quella sera che non aveva trovato nulla di meglio.

5 commenti:

krepa ha detto...

mi stavo appassionando....immaginavo scene erotiche

ma perchè?

Anonimo ha detto...

Certe volte sei tu a mangiare l'orso, altre volte è l'orso a mangiare te...
Marco

andrea ha detto...

bella la risposta "io invece essere italiano ..." .
ciao andrea :)

Anonimo ha detto...

DALL'ALTRA PARTE DEL MURO, CI SI GUARDA SEMPRE I PROPRI CALCI CAMMINANDO.

TVB CICUZ!
_PIPPI_

Anonimo ha detto...

un bel racconto...

per me il finale ci sta tutto...

abbasso quei diavolo di film a lieto fine..