sabato 9 febbraio 2008

L'innamorato


Mancano pochi minuti, poi lei finalmente arriverà.
Il bar è semivuoto, poche persone sole occupano alcuni tavoli sparsi nella sala: alcuni leggono svogliatamente il giornale, altri parlano al telefonino. Un alieno, entrando, penserebbe che gli esseri umani non sanno comunicare tra loro.
Sono appoggiato alla sedia da circa venti minuti, fisso la tazzina vuota tenendomi le tempie con le mani: vedendomi, potreste scorgere sul mio viso un sorriso innaturale, come ogni volta che penso a lei.
L'ho conosciuta quasi per caso in una fredda mattina di gennaio, alla fermata del bus giù in città, vicino all'università. Lei era appoggiata alla ringhiera arrugginita, muoveva la testa sulle note di una musica che solo lei poteva ascoltare, attraverso le cuffie che si perdevano nelle profondità della giacca. Una sciarpa colorata, di lana, probabilmente confezionata a mano dalla nonna, le copriva gran parte del viso: si potevano scorgere soltanto gli occhi, di un colore misto tra il mare e il cielo, con sfumature di sete orientali. C'era stato un gioco di sguardi, sempre più intenso: non si vedeva, ma attraverso la pesante coltre mi aveva più volte sorriso.
Mi ero, ovviamente, subito innamorato di lei, e poco dopo lei aveva cominciato a corrispondere i miei sentimenti. Non poteva andare diversamente, d'alronde: la coprivo letteralmente d'amore, attraverso piccoli gesti quotidiani che non possono far altro che sciogliere il cuore di una donna. Le facevo regali, le inviavo dolci messaggini quotidiani a qualunque ora del giorno; due volte le avevo fatto spedire a casa enormi mazzi di fiori, anonimi: adoravo pensarla a casa nella sua cameretta, che fingeva di non sapere chi le aveva rallegrato la giornata.
Ho sue fotografie nel diario, praticamente in tuti i libri, nel portafoglio...
E tra poco, finalmente, arriverà: anche se ci frequentiamo ormai da quasi un anno, ogni volta ho l'agitazione del primo appuntamento.
Nervoso, tormento l'orologio, buttando lo sguardo sempre più frequentemente verso la porticina del bar, velata dalla condensa.
I minuti passano, ordino altri tre caffè per ingannare l'attesa; poi, improvvisamente, eccola.
Apre la porta con la mano inguantata, si scrolla come un cagnolino per il freddo e con un meraviglioso sorriso saluta il barista. Indossa la stessa sciarpa del giorno in cui l'ho conosciuta: adoro questi piccoli gesti spontanei. Si sbottona il giaccone, mentre cammina nella mia direzione: il mio cuore comincia a battere all'impazzata, non capisco come, ancora oggi, possa fari questo effetto. La mia donna: magica, straordinaria, fantastica, capace di scatenare in me il battito animale di cui parlava una vecchia canzone. E cosa più importante, è mia, soltanto mia.
Passa vicino al mio tavolino, quasi mi sfiora: ho giusto il tempo di rituffare lo sguardo all'interno dei fondi del mio ultimo caffè; c'è mancato poco questa volta. Credo non abbia nemmeno notato questo mio gesto isterico: raggiunge il suo ragazzo dall'altra parte della stanza, gli sorride, lo bacia ridendo sulla bocca.
Volto lo sguardo, la osservo con la coda dell'occhio: un altro sorriso deforma il mio viso. Lei è la mia donna, solo mia.

Prima o poi se ne renderà conto anche lei, e allora staremo insieme, per sempre.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

non so se hai presente come scrive la Mazzantini..ecco sembra un suo pezzo...
...lei è una delle migliori scrittici contemporanee e a me piace da morire...
poi è la moglie di castellitto ed è tutto dire...:)

Anonimo ha detto...

...e mentre lei vive quello ke tu sogni a te non resta che sorseggiare l'ultimo caffè e tirare l'ennesima sigaretta...
ma sai...
lei vive il suo amore, fra la sua musica e la sua sciarpa...
tu sogni il tuo, col caffè e le parole...

lei forse un giorno smetterà di vivere xkè verrà a mancare qualcosa...
tu questa possibilità non l'avrai mai xkè il sogno è solo tuo...e nulla potrà mai mancare se non sarai tu a volerlo...

mi ha fatto piacere leggerti...

Sara ha detto...

ci sono rimasta male..